Difesa dell'ambiente e scelte alimentari | 13/07/2009

Sulla rivista scientifica American Journal of Clinical Nutrition del mese di maggio 2009 sono apparsi tre articoli in un'apposita sezione intitolata "Effetti sull'ambiente delle scelte alimentari a base vegetale". I risultati esposti negli articoli confermano quanto gia' noto sul tema, cioe' che l'alimentazione piu' "amica dell'ambiente" e' quella vegan, ma non solo: questi ulteriori studi confermano quanto sia importante intervenire in questo settore rispetto ad altri in cui i singoli consumatori possono scegliere (trasporti, uso dell'energia domestica) e fanno porre agli stessi autori la domanda "Ma perche' nelle iniziative istituzionali per diminuire l'impatto ambientale e l'effetto serra non si parla mai di intervenire sull'alimentazione?". Una domanda che rimane per ora senza risposta.

Esaminiamo in breve i contenuti dei singoli articoli.

Geophysics and nutritional science: toward a novel, unified paradigm (Gidon Eshel and Pamela A Martin, Am J Clin Nutr 2009 89: 1710S-1716S)

Geofisica e scienza della nutrizione: verso un nuovo paradigma unificato

Questo articolo esamina alcuni processi geofisici di base, i quali nel complesso indicano che alcuni elementi dannosi dell'alimentazione occidentale portano anche a danni ambientali. L'articolo mostra come vi sia un parallellismo tra la scienza della nutrizione e l'ecologia: la carne rossa e tutti gli altri ingredienti animali presenti nell'alimentazione umana sono quelli che hanno il maggior impatto ambientale, e anche quelli nutrizionalmente piu' dannosi. I danni in entrambi i settori vanno di pari passo.

Diet and the environment: does what you eat matter? (Harold J Marlow, William K Hayes, Samuel Soret, Ronald L Carter, Ernest R Schwab and Joan Sabaté, Am J Clin Nutr 2009 89: 1699S-1703S)

Alimentazione e ambiente: quel che mangiamo e' importante?

Lo scopo di questa ricerca e' stato di confrontare gli effetti sull'ambiente di un'alimentazione vegetariana e non vegetariana in California, in termini di materie prime per la produzione, compresi pesticidi e fertilizzanti, acqua ed energia. L'ipotesi di lavoro e' stata che maggiore e' la quantita' di input e maggiori sono gli effetti negativi sull'ambiente, come la letteratura sul tema conferma.

I risultati hanno mostrato che per quanto riguarda la produzione di 11 alimenti per i quali il livello di consumo differisce in modo sostanziale tra i vegetariani e i non vegeatriani, la dieta non vegetariana richiede 2,9 volte piu' acqua, 2,5 volte piu' energia, 13 volte piu' fertilizzanti e 1,4 volte piu' pesticidi rispetto a una dieta vegetariana. Dal punto di vista dell'ambiente, concludono gli scienziati, quello che ciascuno sceglie di mangiare fa la differenza.

Gli autori fanno inoltre notare come i vari studi di impatto ambientale delle scelte alimentari che compaiono in letteratura riguardino quasi sempre singoli cibi e non considerino l'alimentazione di una persona nel suo complesso. Una "eccezione degna di nota" e' definita nel loro articolo lo studio compiuto nel 2006 attraverso il calcolo della LCA (Valutazione del Ciclo di Vita) sull'alimentazione media degli italiani (Baroni L, Cenci L, Tettamanti M, Berati M. Evaluating the environmental impact of various dietary patterns combined with different food production systems. Eur J Clin Nutr 2007;61:279–86) che potete trovare in italiano, e con maggiori dettagli rispetto alla versione pubblicata sull'European Journal of Clinical Nutrition, nel libretto "Ecologia della Nutrizione", scaricabile gratuitamete in pdf dal sito di gireOra Edizioni. Scarica "Ecologia della Nutrizione".

Potential contributions of food consumption patterns to climate change (Annika Carlsson-Kanyama and Alejandro D González, Am J Clin Nutr 2009 89: 1704S-1709S)

Potenziali effetti delle abitudini alimentari sui cambiamenti climatici

Questo e' probabilmente l'articolo piu' interessante fra i tre, perche' pone la questione in termini molto pratici: gli scienziati autori dell'articolo si chiedono cosa sia utile fare nel concreto per diminuire l'impatto sull'ambiente e perche' le istituzioni non lo facciano, ma continuino a ignorare completamente il settore della nutrizione quando decidono le policy da implementare, e l'informazione da dare al pubblico, per contrastare i danni ambientali in generale e l'effetto serra in particolare.

Gli autori esordiscono dicendo che il riscaldamento globale generato dalle attivita' umane e' quello dovuto alle emissioni di gas serra come biossido di carbonio, metano e ossido di azoto, con il settore dell'agricoltura (inteso soprattutto come zootecnia) come principale produttore degli ultimi due gas. Altre parti del sistema di produzione alimentare contribuiscono invece alle emissioni di CO2, dovute all'utilizzo di combustibile fossile per il trasporto, lavorazione, confezionamento, immagazzinamento e preparazione del cibo. Le emissioni di gas serra causate in questo modo differiscono in modo sostanziale tra i vari tipi di cibo, quando calcolate durante tutto il ciclo produttivo, dalla terra alla nostra tavola.

Affermano i ricercatori nell'articolo: "Il modo più efficiente di consumare proteine è mangiare cereali, legumi e pesce pescato in modo efficiente, con bassi consumi di carburante. Sfortunatamente, lo stock di pesce è fortemente minacciato, con molte zone di pesca sovrasfruttate o completamente distrutte, il che lascia ai consumatori attenti all'ambiente sostenzialmente le sole alternative vegetariane".

Ci permettiamo di aggiungere che il fatto che gli oceani siano stati devastati dalla pesca non e' dovuto a "sfortuna", ma e' dovuto ad un preciso comportamento umano, dell'industria del settore, delle istituzioni, e dei singoli consumatori. Non e' semplicemente sostenibile un consumo pari a quello attuale, gli effetti devastanti oggi evidenti a tutti non sono altro che il risultato di questa volonta' di consumare una quantita' enorme di pesce.

Aggiungono gli autori: "L'analisi mostra che i cambiamenti verso un'alimentazione maggiormente basata sui vegetali aiutarebbero in modo sostanziale a mitigare le emissioni di gas serra. Sfortunatamente, questa è un'area ancora in gran parte inesplorata nelle policy messe in atto dalle istituzioni per frenare l'effetto serra."

I ricercatori fanno notare che alcuni autori di altri articoli hanno fatto delle proposte per diminuire il consumo di carne. Smil, nel suo articolo del 2002 "Trasformazione globale delle diete, il peso della produzione della carne e le opportunità per nuove fonti proteiche" ha proposto di mescolare ad hamburger e salsicce proteine da fonte vegetali, in modo da rimpiazzare una parte della carne con alternative vegetali a impatto ambientale molto piu' basso. McMichael e altri, nel loro articolo del 2007 pubblicato sul Lancet "Cibo, allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute" propongono di ridurre del 10% il consumo di carne a livello globale, il che significa ridurre del 60% i consumi nei paesi industrializzati.

I ricercatori dichiarano di essere d'accordo con queste due proposte, che sarebbero da implementare subito e in contemporanea. Aggiungono però che sul lungo termine sarà necessario arrivare a ulteriori riduzioni. E affermano "Non è impossibile immaginare un mondo futuro in cui il consumo di alcuni tipi di carne sia un'eccezione riservata a determinate festività".

Fanno anche notare come una riduzione drastica dei consumi di carne sia certamente positiva anche per la salute umana. Concludono con'amara constatazione: "Nelle molte azioni attualmente proposte ai consumatori per ridurre l'effetto serra, non viene quasi mai citato un cambiamento verso un'alimentazione a base vegetale. Abbiamo tratto questa conclusione dopo aver esaminato diversi siti che offrono consigli ai consumatori su questo tema e dopo aver partecipato a molti seminari e dibattiti sull'effetto serra derivante dalla produzione del cibo. Occorrono altre ricerche per capire perché i cambiamenti nell'alimentazione non sono finora stati uno dei punti principali nelle policy per contrastare i cambiamenti climatici".